“Primavera d’autunno”. Un mosaico nato da un incontro. Il Ritratto di un viaggio e il significato dei confini europei per chi Europeo non è.

“Primavera d’autunno” è il mosaico contemporaneo di Mohamed Chabarik, che dal 5 dicembre 2014 al 28 febbraio 2015 sarà esposto alla collettiva RiTratti presso la galleria EContemporary di Trieste.

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©Puntozero/Giovanni Chiarot

Com’è nata l’idea di questo lavoro, cosa l’ha suscitato?

Le linee che si intersecano e che proseguono il loro passaggio al di là del fondo, è un concetto su cui stavo lavorando già da un po’ di tempo. Ma questa volta è accaduto qualcosa di inaspettato. Avevo appena tracciato le linee quando è avvenuto il mio incontro con un signore siriano in fuga dalla guerra, arrivato in Italia insieme ad altri profughi. L’incontro e il rapporto avviato con lui hanno trasformato completamente il senso del mio lavoro e della mia ricerca.

Adesso che significato dai a quest’opera?

I confini europei per noi sono bianchi, perché è come se quasi non esistessero, ma per queste persone sono impossibili da oltrepassare. Fuggono per salvarsi e una volta arrivati in Europa i confini sbarrano e impediscono la salvezza definitiva.
Primavera d’Autunno l’ho realizzata pensando al viaggio che questa persona ha compiuto. All’itinerario percorso per arrivare qui. Il mare, il canale di Sicilia. I sassi aguzzi ricordano la costa libica o tunisina, la terra arida, dura.
In questo lavoro ho mescolato i materiali naturali e quelli artificiali. Non è stato per nulla facile trovare il modo di conciliare gli smalti, i sassi e le pietre.

Ascoltandoti si intuisce il potere dell’arte, capace di dare voce, di mettere in luce fatti e storie. A volte persino di denunciare, interrogare, mobilitare. In quest’ottica l’azione artistica può diventare anche azione politica, politica nel senso di occuparsi attivamente di un bene comune. Cosa ne pensi?

Penso che il rischio sia sempre quello di voler illuminare di più il proprio ego rispetto alla questione che si sta denunciando.
Credo che l’arte non debba dare risposte, altrimenti si sta giudicando e spesso ciò che genera guerre e conflitti è proprio l‘atteggiamento di chi crede di possedere la verità. Attraverso l’azione artistica, più che dare risposte, si possono sollevare domande o per lo meno comunicare il proprio pensiero in modo vero, senza interrogarsi troppo sulle conseguenze.

Ma non pensi che l’azione artistica possa effettivamente trasformarsi in azione politica, in grado quindi di scuotere, destabilizzare, mobilitare?

Sì, c’è questa potenzialità, ma dipende dalla riuscita dell’opera. Se l’opera non colpisce davvero, se non tocca e non porta ad un cambiamento effettivo, allora resta inutile. Da qui nasce il mio timore nell’affrontare esplicitamente temi forti come la guerra. È il timore che tutto resti su un piano spirituale, teorico o intellettuale, perché allora cambia nulla.

“Primavera d’autunno”, perché questo titolo?

Il termine primavera indica la “Primavera araba”. La parola autunno, invece, è legata da un lato alla stagione in cui ho realizzato l’opera, dall’altro alla situazione storica, al fatto che questa “Primavera” si sta rivelando una distruzione più che una ripresa.

Questo tuo lavoro sarà esposto alla mostra collettiva RiTratti presso la galleria EContemporary di Trieste. In che modo la tua opera ha a che vedere con il tema di questa mostra?

Il tema della mostra è appunto RiTratti, ritratti non propriamente figurativi, ma che raccontino realtà, situazioni, esperienze.
In questo senso il mio lavoro è il ritratto del viaggio e dell’esperienza di questa persona siriana. Il ritratto di un momento storico, ma anche del mio incontro personale con quest’uomo, di una sensazione che io stesso ho vissuto in prima persona attraverso quest’incontro. Nel ritratto quindi sono presente anch’io.

[Intervista di Laura Pizzini]