“?”: un contenitore per le storie che il mosaico racconterà

Questo mosaico ha preso forma insieme all’amicizia con il committente. Un’amicizia che si è alimentata delle lunghe conversazioni che hanno poi sviluppato e modellato l’opera.

“?”: Mohamed Chabarik con un intervento di Laura Carraro, 2015. Marmi, sassi, ceramica, acciaio, smalti e ori veneziani, 142 x 200 cm

Opere contemporanee. Il titolo di quest’opera è dato dalla sua forma, sinuosa, curva e bilanciata: un corpo principale e un punto staccato, una strana esse che ricorda il “Canal Grande” di Venezia,  un contenitore giusto per le storie che racconterà il mosaico all’interno.

Le “storie” partono da tanto lontano, dalla notte dei tempi, nelle caverne dove probabilmente i due mondi, Oriente e Occidente, avevano un passato unico e che venendo avanti si separano al di qua e di là di un confine, a momenti chiaro e netto e in altri ambiguo e sfumante. Proprio come le vicende che hanno interessato i nostri due mondi: a volte andiamo noi e a volte vengono loro. Linee trapassanti delimitano aree fatte di tessuti architettonici che cercano di raccontare la propria epoca, attraverso le loro trame e con il materiale del quale son fatti.

Pian piano la storia prende colore, fino ad arrivare al posto della protagonista. Quasi al centro del tutto si colloca al-Bunduqiyya, ovvero Venezia, simbolicamente rappresentata dalla basilica di San Marco, che testimonia uno dei più bei momenti di dialogo e di scambio. Oltre alle merci, alle spezie e al tessuto, si scambiavano scienze e conoscenze, santi e Dei, storie e leggende.

Venendo ancora avanti, verso il giorno, lungo il sentiero incrociamo varie epoche in cui continua l’andirivieni lungo l’asse, salamelecchi e insulti, scambi e saccheggi.

Si arriva all’oggi, astratto, colorito, mosso, esasperato e ambiguo. È il momento di farsi delle domande più che fare sentenze, interrogarsi sul come mai? Cosa ne è stato tra noi? Che forma aveva il cielo? Ma avremo due futuri? Che posso fare? E perché?


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E qui arriviamo al punto finale, che nell’opera è la fonte di luce, e che con una ricerca quasi a sé stante cerca di descrivere il futuro.
Si compone di due parti: quella integra e solida, che non ha subito il nostro intervento, parla degli avvenimenti al di fuori del nostro controllo; l’altra parte parla invece di ciò che possiamo fare, ciò che si può prevedere attraverso lo sviluppo di abilità cognitive come l’immaginazione (i punti colorati), la logica e la deduzione. Più forte è la nostra capacità di  immaginazione e più è probabile trovare le soluzioni giuste per agire nel futuro.

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© Foto di Giovanni Chiarot / Zeroidee